sabato, dicembre 29, 2007

Benazir Bhutto
Stavolta hanno toccato il fondo. Accusare Al Qaeda dell'assassinio di Benazir Bhutto è talmente ridicolo che verrebbe da ridere, se non fosse una cosa terribilmente seria. Ammazzare il leader dell'opposizione di un paese che sostiene la guerra contro di te equivarrebbe a darsi una enorme martellata nei coglioni. E non bisogna neanche essere storici, politologi o giornalisti da premio Pulitzer per capirlo. Nonostante questo non c'è stato un telegiornale o un quotidiano che abbia dubitato della cosa. Dopo 20 minuti dall'attentato già si sapeva che erano stati loro e non Musharraf. Cazzo che "intelligence"! Con questa efficienza investigativa Bin Laden (che non ha mai rivendicato l'attentato dell'11 settembre 2001, giusto per ricordare) dovrebbe essere in galera da 7 anni. Invece è ancora uccel di bosco. Se c'è qualcuno che avrebbe realmente interesse a gettare nel caos il Pakistan sono proprio gli americani. Da non sottovalutare comunque il buon vecchio Putin, sovietico nell'anima, cresciuto a pane e regimi nel KGB. Possibile che la storia non insegni proprio nulla?

martedì, dicembre 18, 2007

Auguri Flavia
Flavia domenica ha compiuto 27 anni e io, ovviamente senza credito sul mio telefono, non le ho neanche mandato un sms… bestia. Vabbè. Il blog mi permette di sopperire alle mie mancanze comunicative, in molti sensi. Comunque, per non smentirmi del tutto, scrivo del suo compleanno con un paio di giorni di ritardo, tanto lo so che non se la prende…
Auguri Flaviuzza, cento di questi giorni. Al centesimo giorno, però, voglio essere ancora lì a farteli di persona eh…
Sergent magiur ghe riverem a baita?
Marco Paolini - Il sergente (seconda parte)



Piove di traverso, i pantaloni si bagnano fino al ginocchio. Arrivato alla cava, come la ragazza aveva detto, ci offrono vin brulé quasi bollente e formaggio. Buonissimo. Ci fanno sistemare: “posto cuscino fronte – palco”, questo c’è scritto sul mio biglietto, lì mi devo sedere. Sono a un metro e mezzo - due dal palco. Sono solo le 7.30, mancano 2 ore allo spettacolo. Penso che non passeranno mai. Dopo una mezz’ora inizio a sentire il freddo alle gambe. Avrei dovuto lasciare i pantaloni del pigiama sotto i jeans, mi maledico. Osservo il palco, è spoglio, come sempre. Con la solita vecchia macchina da scrivere sulla destra, qualche pietra, su cui Marco si siederà, e alcuni sacchi di sabbia. La scenografia vera e propria è la cava, naturale e innaturale allo stesso tempo, grigia ma di un grigio vivo, si vedono i segni della mano dell’uomo alle pareti. E poi l’acqua, dietro il palco. Con le luci dei riflettori dona un colore grigio – verde stranissimo a tutto l’ambiente, senza riflessi, perché è ferma, per lo meno fin dove arriva l’occhio.
Verso le 9 arriva il Sergente, quello vero, Mario Rigoni Stern. Esplode l’applauso del pubblico, d’altronde son quasi tutti di Vicenza, suoi concittadini, si può dire. E’ un uomo possente, nella sua figura c’è tutto il sapore di ciò che ha vissuto, di come ha vissuto e vive tuttora. Il sergente ci ringrazia per essere lì. Gli si legge la felicità negli occhi: alla fine dirà che finché ci sono così tanti giovani ad ascoltare quella storia, ci sarà speranza. Prima dello spettacolo Marco colloquia col pubblico, risponde alle nostre domande. Poi inizia lo spettacolo. Inutile descriverlo, l’ho già fatto in un altro post ed è più o meno lo stesso, con l’aggiunta di molti, bellissimi, dettagli del viaggio in Russia che Marco ha compiuto, lungo le tappe della ritirata, per la preparazione dello spettacolo (straordinario il racconto del viaggio in treno, d’altronde, come si sa, il treno è una presenza costante nei racconti di Marco, è il paradigma stesso del suo viaggiare e farci viaggiare). Lo spettacolo dura al solito sulle due ore e mezza, lunghissimo. Ancora mi domando come faccia quella persona a non annoiarmi…
Esco con la consapevolezza di aver assistito ad un evento. Vero, non l’ho detto, lo spettacolo andava in onda in diretta su La7. Ma non è questo l’evento, l’evento è il mio, personale. Ho visto un bellissimo spettacolo, ho stretto la mano a Mario Rigoni Stern (soggezione) ed ho lasciato in quei luoghi un pezzo d’anima. Spasiba.

Il giorno dopo, lungo l’autostrada, sento forte la voglia di tornare a casa, ma è la voglia di Ulisse, che dopo aver fatto tutto quel casino per tornare, si narra, volle subito ripartire.