sabato, dicembre 16, 2006

Una voce semplice e totale. Irrinunciabile. Mario Rigoni Stern.


"Che percorso letterario bisogna fare per arrivare a scrivere con la sua essenzialità e nitidezza?"
"Non lo so, a me viene naturale. Alle elementari il maestro mi insegnò ad usare il dizionario per mettere la parola giusta al posto giusto." Così risponde uno dei più grandi scrittori del novecento, un uomo legato ai propri luoghi, così tanto da rifiutare l'idea di diventare senatore a vita (quasi schernendo quel ruolo) perché implicherebbe "togliermi dal mio paese, dalle mie montagne".
"Cosa si perde chi, come noi, corre di continuo cercando di non perdere tempo?"
"Si perde il tempo." Sono in sintonia coi pensieri di un uomo nato nell'a.d. 1921, lo stesso in cui è nato mio nonno (r.i.p.). Inquietante, per certi versi.
"Spero di vivere tanto fino a vedere il mondo rinsavire un po', con la fine degli sprechi e delle cose inutili, del chiasso, delle luci artificiali che non ci lasciano vedere le stelle."
Mi dispiace deluderti Mario, ma non credo proprio che ce la farai. Non ce la farà neanche la mia generazione e neanche quella dopo.
E' molto facile vederti come un vecchio solitario, perso nella sua memoria e dedito a raccontare il suo passato, come fanno (o dovrebbero fare) i nonni coi loro nipoti. Più difficile capire quanto tu sia legato ai nostri "tempi moderni", quanto il tuo totale rifiuto per il nostro modo di "progredire" sia il messaggio più attuale che si possa raccogliere. Raccontare il passato, capire da dove veniamo: solo così possiamo conoscere la nostra direzione. Ha senso correre se non si sa da dove si è partiti?
Nelle tue storie di guerra non c'è politica, solo umanità. Quella di chi è costretto a uccidere per sopravvivere e tornare a casa, salvo poi stringere amicizia con la gente con cui si prendeva a mitragliate. I bambini ti domandano cosa si prova ad uccidere. Non volendo, sanno essere crudeli i bambini. Difficile far loro capire che la guerra che racconti tu è prima di tutto tua, intima e personale, solo dopo diventa di tutti, anche di chi, come i bambini, crede che sia una specie di incontro di smackdown. Ma non sono solo i tuoi racconti di guerra che amo. Amo ancora di più il tuo raccontare la Natura. Il tuo farmi capire che l'uomo è fatto per vivere in sintonia con Lei, dormire quando Lei dorme, risvegliarsi quando Lei si risveglia. Lasciarsi circondare da Lei in tutte le sue manifestazioni di bellezza, luce, colori, profumi, ma anche di vento, freddo, buio, tempesta, perché la Natura è Vita e la Vita ha la sua stessa varietà di contrappunti. La Vita esiste perché esiste la Morte e la Morte perché esiste la Vita. Ed è di questo gioco che noi facciamo parte, volenti o nolenti. Uccidendo la Natura, uccidiamo la Vita. Non è un discorso da greenpeace, ma di un uomo, io, che vuole imparare a sentirsi un tutt'uno con ciò che lo circonda. E che per farlo passa anche da te.

"Domando tante volte alla gente: avete mai assistito a un’alba sulle montagne? Salire la montagna quando è ancora buio e aspettare il sorgere del sole. È uno spettacolo che nessun altro mezzo creato dall’uomo vi può dare, questo spettacolo della natura.
A un certo momento, prima che il sole esca dall’orizzonte, c’è un fremito. Non è l’aria che si è mossa, è un qualche cosa che fa fremere l’erba, che fa fremere le fronde se ci sono alberi intorno, l’aria flessa, ed è un brivido che percorre anche la tua pelle.
E per conto mio è proprio il brivido della creazione, che il sole ci porta ogni mattina.
E sentirai per esempio il canto del codirosso, poi sentirai il pettirosso, poi magari vedrai un capriolo. Sì il capriolo è un animale notturno, incominci a vedere che rientra nel bosco, lo individui e poi sparisce, l’immagine che esce da lì è quella del cervo e quando poi magari, quando il cielo è chiaro e le stelle sono sparite, ti accorgi che sopra di te vola un’aquila. Ma prima hai sentito il brivido."


Grazie.
Grazie di esistere!

Sivi (a.k.a. Massimo Oro) è impagabile. E' una delle persone più intelligenti che conosca, laureato con 110 e lode in ingegneria elettronica (mica bruscolini!), con una capacità di ragionamento di gran lunga superiore alla media. Per questo, quando si perde in un bicchier d'acqua col suo inconfondibile stile, provo una sorta di sollievo: viene fuori la sua umanità. E non riesco a non farglielo notare. Massi, ieri sera c'ho provato a resistere, ma alla fine ho dovuto dirtelo!


Io: "Il ragazzo di mia sorella ha avuto un incidente in autostrada. S'è infilato sotto un camion (sta bene n.d.r.)...
Sivi: "Come, frontale?"
Io: "...no...no..."
Sivi: "No, perché fosse stato frontale... (gesticola con le braccia, col suo inconfondibile stile, a dire "non ci sarebbe stata speranza")
Io: "..." "aehm..."
...pausa lunga una vita...
Io: "Massi... in autostrada, frontale... non..." ecc. ecc...
Auguri Flavia!

Oggi è il compleanno di Flavia. La donna che davanti alle mozzarelline fritte si dilegua dal mondo terreno e si trasferisce in un'altra dimensione (è successo appena ieri sera). Colei che mangia come un camionista e dimagrisce. Mah... (punta d'invidia)
Vabbè, comunque auguri. Adesso i 26 sono arrivati anche per te (ihih), mi hai raggiunto (ihih). Lo vedi che alla fine ci si ritrova sempre?

mercoledì, dicembre 06, 2006

Ci si vede, Claide
Faccio mie le magnifiche parole con cui Sivi (al secolo Massimo Oro, link sulla destra) ti ha descritto e che potrei aver scritto io, data la precisione con cui rappresentano i miei pensieri su di te.

Sapevi non far pesare il Don...
Ciao Clayds!
Non farò quello che in questi momenti racconta di essere stato un tuo amico intimo, come fanno in tanti. Mi piace però ricordarti come l'uomo con il quale si poteva parlare di tutto, dall'informatica, alla musica, allo sport. L'uomo col cappelaccio da gangster che teneva banco per ore sorseggiando il suo brandy e magnificando gli aromi di torba che emanava. Un uomo che sapeva mettersi in gioco, fregandosene di quello che poteva dire la gente. L'uomo che sapeva mischiarsi a noi senza farci pesare o addirittura facendoci, a volte, dimenticare che era un don...Forse per questa tua originalità, per questa tua riluttanza all'omologazione tutti ti hanno voluto bene.

Mi raccomando lassù...quando entri, tieni spavaldamente in testa il cappellaccio ed ordina un brandy... Pago io!


Sivi


Dovendo rigorosamente aggiungere qualcosa di mio, dico che eri (sei...) un uomo di grande cultura e umiltà, due doti incredibilmente rare da trovare in un solo individuo. Tutte le volte che che abbiamo parlato, suonato le canzoni di de André e dei Pink Floyd, cenato in comitiva, mai ti ho sentito "parlare da un pulpito" come, secondo il comune senso delle cose, si addice ad un don. Mai ho avuto la sensazione che cercassi di insegnare qualcosa, e sì che ne avresti avuto tutto il diritto: l'insegnamento più grande.
Il don meno don che si possa immaginare. Per me il più don di tutti.
Tanto prima o poi ti ribecco.

giovedì, novembre 30, 2006

PARTI DI ME
Ci sono persone che ami, molte. Ma qualcuna di più.
Ci sono persone che ti salvano, spesso. Ma qualcuna di più.
Ci sono persone che entrano per caso nella tua vita e ti aprono un mondo nuovo.
Ci sono persone a cui resti legato per sempre, costi quel che costi, accada quel che accada. Ma a qualcuna Dio ti ha fatto una saldatura "a ferro".
Ci sono persone che non prendi in considerazione, come non prendi in considerazione le singole parti del tuo stesso corpo. Voglio vedere come staresti se ti avessero amputato una mano, o peggio...
Qualche volta pensi che Dio c'è, perché certe sfighe non possono essere frutto del caso. Certe fortune ancora meno.
E ogni tanto ti viene da pensare che tutto ciò che è intorno a te qualche volta lo vedi racchiuso in un essere vivente (che non è Megan Gale nuda, maiali!). E poi ti viene da pensare dove cazzo lo teneva tutto quello spazio. Eppure ci va, mah...
Ogni tanto affronti delle allergie ai gatti che farebbero scuola al malato immaginario di Molière e ti fanno colare il naso come se fosse un vulcano in eruzione, per stare in compagnia di qualcuno. Finisce che stai male come un cane, ti fai schifo da solo e fai schifo all'altra persona. Ma non te ne fotte una mazza.
Ci sono persone che ci parlano, coi gatti. Ma qualcuna di più.
Ci sono persone che amano la musica. Ma qualcuna di più.
Ci sono persone che disegnano bene. Ma qualcuna di più.
Ci sono persone. Ma qualcuna di più.
Tutto questo è Morena.
E qualcosa manca di sicuro.

lunedì, novembre 13, 2006

ESAME

Madò quant'è che non scrivo più su queste pagine! Vabbè. E' che giovedì ho l'esame di Storia dell'arte nelle Marche, esame non proprio facilino, quindi speriamo bene.
Dopo l'esame posterò un bel po' di cosucce interessanti (per me, ovvio, ma spero anche per chiunque legga). Mi do l'in-bocca-al-lupo da solo:
"In bocca al lupo!"
"Crepi!"

martedì, ottobre 10, 2006

-In solitudine-

Raccolgo frammenti di mondo
in questo luogo d'infinito
diramarsi.
Ogni anima può vendicarsi
dei sogni infranti
come gli specchi della propria
esistenza.
Esiste un luogo di dolci tentennamenti,
di vortici che annodano
le pietre sepolcrali del pensiero,
di brezze sottili che fusciano
sull'erba candida di sole,
madida del sudore del mondo,
di oniriche pietre in rovina
accovacciate su spiagge schiumose, di notte.
Di notte il pensiero s'annida
nell'angoscia,
o, furtivo, s'acquatta su lidi proibiti,
come lo scorrere d'una fiumana.
Esiste
tutt'intorno
il luogo dell'arte.

martedì, ottobre 03, 2006

Ode al corpo smembrato

Ricordi quando correvi su per campi incolti
rincorrendo lucertole di vita?

Eravamo soli.

Quando l’oro solare sfavillava di mattina
e tu, con occhi vergini, salutavi quel fulgore,
distratto e inconsapevolmente annichilito…

Ricordi quando un canto muto ti travolse,
bieco e sfuggente
tra le corde di un pomeriggio caldo di mistero?

Soli.
Soli come lucciole lontane.
Soli come un eremo, catartico e vile.
Soli d’estate.
Soli come coralli braccati.

Con la paura dell’antropofagia del mondo.

Soli e completi di noi…

mercoledì, settembre 27, 2006

Pearl Jam - Bologna, 14-09-2006

Se il primo concerto della tua vita è un concerto dei Pearl Jam e ti viene da pensare anche solo per un istante che i concerti possano essere tutti così, ti conviene non vederne più. Io ne ho visti tanti, bellissimi e non, ma mai ho avuto la sensazione di essere sul palco con chi suonava. Sono una certezza. Sono tutto ciò che la musica dovrebbe essere, un coinvolgimento a 360°. Credo di aver grondato più sudore quella sera che in tutta la mia vita. So di essere un privilegiato e ho la sensazione che Dio ci sia e suoni sul palco insieme a loro, perché tutto ciò che è successo lì dentro non è frutto solo della sala prove. E poi, Dio ce ne scampi, amano suonare! Scontato? Bah, a guardare i gruppetti di oggi non si direbbe: la musica è solo contorno. E’ “merda farcita”, come la chiamerebbe Beppe Grillo. Già, una domanda: ma i Pearl Jam sono un “gruppo di oggi” o no? L’anagrafe (discografica ma, forse, non solo…) sembra volerli piazzare meglio fra i “classici” (che brutto termine…), ma la loro vitalità e intensità, il loro modo di essere “on the road”, presenti, e di non tradire mai loro stessi, invece, li rendono più che mai “nuovi”, strabordanti di freschezza. Ogni concerto è il primo che fanno, il primo che vedi.

Gli amici, le persone che hanno viaggiato con te, sono quelli di sempre, quelli di anni e anni di concerti, chitarre e passioni, quelli con cui sei diventato adulto e con cui entravi nel negozio di dischi per comprare insieme lo stesso cd. Alle 4.30 del pomeriggio siamo lì, fuori dal Palamalaguti. Il cielo è autunnale, plumbeo, ogni tanto cade qualche goccia d’acqua. Per me è quello adatto per ascoltare musica: come se fosse una stanza buia in cui accendere la luce.
Il gruppo-spalla, come si chiamava un tempo, sono i My morning jacket. Nulla di che, apparte qualche bella schitarrata nel finale di un paio di brani... sarà l'attesa.
Alle 9 e qualche minuto parte l’intro di Ten, indimenticato e indimenticabile disco d’esordio (15 anni fa, un “classico” del rock… ops!). Poi entrano. Eddie prende la sua telecaster e spenna un re maggiore…datemi la spiegazione scientifica di come si possa avere la pelle d’oca solo per questo, per favore. Si comincia con Elderly Woman Behind The Counter In A Small Town (“I just wanna scream HELLO!” giusto, ciao ragazzi…) ed è già calore pieno, non solo emotivo. Il concerto procede come al solito (!), con momenti di grande furia (Do The Evolution, Animal, Even Flow con assolo di batteria) e ballate cariche di energica libertà (Given To Fly, I Am Mine). I pezzi del nuovo disco dal vivo rendono davvero bene. Su Severed Hand e World Wide Suicide si balla, si salta e ci si libera delle scorie della vita, su Marker In The Sand non si può non avere il cuore in mano, perché loro scrivono e suonano così, col cuore in mano. Il trittico Alone-Whipping-Present Tense è un qualcosa che non si può spiegare a parole, ti colpisce, ti accarezza, ti scuote. Ti sveglia dal torpore cerebrale e ti rimette addosso la voglia di affrontare il mondo. Black è di un’intensità che fa quasi spavento. Baba O’Riley, grande pezzo degli Who che i Pearl Jam contribuiscono con anni di concerti a rendere immortale, è un tripudio di potenza e vibrazioni positive (“I don’t need to fight to prove I’m right, I don’t need to be forgiven”). Il concerto si chiude come tramonta il sole, col crepuscolo di Indifference, che a me fa sempre l’effetto riscaldante di una coperta d’inverno, e lo fa anche stasera, nonostante faranno 45 gradi, qua dentro, e siamo tutti incredibilmente zuppi di sudore. Venticinque brani, venticinque epitaffi scolpiti sul mio cervello, sul mio cuore e sul mio stomaco per ricordarmi tutto ciò che di imperdibile c’è nel mondo e che per me, stasera, è lì, tutto insieme. I ragazzi sembrano soddisfatti e ci salutano con sguardi e inchini che trasudano ringraziamenti sinceri. Sembrano non volersene andare (Eddie l’aveva detto alla fine di Why Go: “In Italia, Why Go Home?”).
Mi sono beccato una mezza bronchite, uscendo grondante dal Palamalaguti, e ancora la sento, dopo due settimane, che mi infiamma le vie respiratorie. Non se ne vuole andare. Oggi ho iniziato a prendere gli antibiotici e a fare l’aerosol: devo pur farle capire, alla bronchite, che non serve che mi rimanga attaccata come una sanguisuga per ricordarmi che quella sera sono stato lì, ci riesco benissimo da solo. Ci riuscirò fino al mio, di crepuscolo. E sul letto di morte mettetemi su Indifference.

lunedì, settembre 18, 2006

A14

Non ci sono cazzi. Ogni volta che devo fare qualcosa d'importante, ho a che fare con l'Adriatica. E' il mio arco di trionfo per il mondo. Da Ancona a Bologna e da lì a chissà dove...
Si può solo essere grati ad una strada che, un giovedì di settembre, ti porta fino al concerto dei Pearl Jam...

venerdì, luglio 28, 2006

IL TESTO DI UNA CANZONE CHE HO SCRITTO QUESTI GIORNI

-MEDITERRANEA-

Come se non fosse di maggio
questo tempo scivola via
come se non avessi tempo per rubare al vento l'aria che era mia.
Principessa del tempo
che scivola sulle colline
gioca a rubare al vento un soffio di vita senza fine.
Bacia questa terra
bacia ciò che sei
bacia il mattino che non smette di brillare mai.
Bacio questa terra
bacio ciò che sei
bacio il fiume che scorre lento verso i porti di lei.

limes

Quasi come fossimo viaggio
le acque si susseguono
quasi come avessi il coraggio di guardare i fiori che si schiudono.
Ti parlo di mari e tramonti
ti parlo di piogge e odissee
voglio vedere con gli occhi di un cieco che immagina mondi e follie
Bacio la mia terra
bacio te che cammini su di lei
bacio la sera che non smette di oscurarsi mai.
Scendo su un'altra terra
scendo insieme a lei
scendo per vedere coi miei occhi dove arriverei...

limes

giovedì, luglio 13, 2006

A WONDERFUL SUMMER ON A SOLITARY BEACH AGAINST THE SEA

L'estate non mi piace granché. La trovo una stagione fredda. Sembra che bisogni divertirsi per forza, ridere per forza, andare al mare per forza o sei out. Per me l'estate è terra bruciata, sono montagne scorticate dal sole, rigoglio di foglie, tempeste e tramonti da vedere dopo cena.
L'hit dell'estate è il chiarore che si vede ancora alle 10 di sera.

mercoledì, luglio 12, 2006

CIAO SYD

Se ne è andato. Probabilmente ora è nel suo universo di biciclette, gnomi, spaventapasseri insieme ad Arnold Layne e Emily che gioca. Un grazie dal profondo del cuore per aver creato il gruppo che è stato, è e sarà la colonna sonora della mia vita.
Shine on, crazy diamond.

martedì, luglio 11, 2006

FOGLIA SPARSA

Voglio chiamare così i pensieri istintivi e istantanei che mi verranno e che pubblicherò sul blog. Stasera la foglia sparsa è questa: oggi le mie colline mi sono sembrate più belle del solito. Chissà perché.
CAMPIONI DEL MONDO


Con colpevole ritardo scrivo della vittoria della nazionale italiana di calcio ai campionati del mondo. Nell'82 avevo due anni e non ricordo assolutamente nulla della vittoria di quell'anno in Spagna e la sensazione di aver comunque vissuto un evento storico per la cultura popolare mondiale è davvero bellissima. Sono felice perché l'anima di questa squadra è stata più dei gregari che dei giocatori da copertina di Eva 3000: è stata l'anima dei vari Cannavaro, Zambrotta, Gattuso, Materazzi, Grosso che l'ha fatta andare avanti ed arrivare al massimo traguardo. Non tutti mi sono simpatici, qualcuno spesso l'ho anche insultato durante i campionati passati, qualcun altro ha avuto comportamenti discutibili nell'ambito dei vari scandali calcistici, ma secondo me, nella nostra bruttezza, siamo stati i migliori. Hanno vinto i carpentieri italiani, non gli attori di Hollywood del Brasile e la cosa mi provoca un gran piacere. Spero che questa vittoria sia un punto di partenza che riporti il calcio vicino alla gente, che le persone ritrovino la voglia di andare allo stadio coi propri figli, quindi spero che si vada fino in fondo con la pulizia. Mandate pure in serie B il mio Milan, se serve, insieme a tutti gli altri che devono andarci: non smetterò certo di tifare per questo, anzi.

martedì, luglio 04, 2006

Dunque, oggi inauguro il mio blog. Nell'incertezza più totale. Poche parole: spero che qualcuno legga, ma, alla fine, non è così fondamentale. E' bello avere un proprio spazio, poi vedremo.

Da "Argo il cieco", di Gesualdo Bufalino:

LOCANDINA DELLE INTENZIONI. CAPITOLO ZERO.
Perduta per timidezza l'occasione di morire, uno scrittore infelice decide di curarsi scrivendo un libro felice. Ne chiede l'argomento, secondo l'uso, ai cento occhi della memoria e ai solluccheri di gioventù. Senonché, più il racconto va avanti, e si trucca di fiabe, e formicola di luminarie, più lascia varchi fra le righe al soffio del nero presente. Non resta allo scrittore che differire sine die la salute, pago d'aver cavato dall'avventura qualche lusinga ad amare l'inverosimile vita.
Partire da questa ipotesi. Poi si vedrà che succede.