Anna Politkovskaja
Ci siamo tutti indignati (ma come dice Paolini l'indignazione in Italia dura meno dell'orgasmo. E dopo viene sonno...) per la strage di Beslan del 3 settembre del 2004. E ci mancherebbe pure: sono morte 394 persone, di cui 156 bambini. Indicibile. Ci siamo molto meno indignati per l'omicidio di stato (perché di questo si tratta, checché se ne dica) di Anna Politkovskaja, giornalista russa assassinata a Mosca il 7 ottobre scorso, nell'ascensore del suo palazzo. E' solo l'ultima (anzi la penultima: pochi giorni fa ne è stato ucciso un altro, ma non ne ricordo il nome. Triste e indicativo dei tempi in cui viviamo) di oltre 100 giornalisti che non erano simpatici a Putin, che invece è molto simpatico a tutto l'occidente, di destra e di sinistra. Dopotutto come si fa a non affezionarsi a un tenero e dolce ex esponente del KGB? Anna Politkovskaja stava per pubblicare una sua inchiesta sulle torture commesse dalle dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramzan Kadyrov, uomo-fantoccio di Putin. Il fatto è che il buon vecchio Vladimir rifornisce di gas praticamente tutta l'Europa. Ora, quando ci sono guerre che, in pratica, vanno avanti da 15 anni, mi interessa poco dibattere su chi ha iniziato. Sta di fatto che le milizie filo-russe, per tutto questo tempo, hanno sistematicamente praticato tortura e genocidio, ma a noi praticamente non lo dice nessuno. Le autorità filo-russe hanno ammesso che 300 mila ceceni sono morti e 200 mila spariti nel nulla. Se qualcuno prova a dirlo ai russi fa la fine di Anna. Forse un giorno, quando apriremo il rubinetto del gas vedremo uscire fuori il sangue dei ceceni massacrati e di quelli come Anna.
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